domenica, gennaio 27, 2008

pensiero del giorno

Oggi sono nervosa, incazzata, infastidita, arrabbiata, delusa, amareggiata, distante, abbandonata, disillusa, consapevole, ansiosa, irritabile, isterica, triste, rassegnata, cosciente, agitata, elettrica, tachicardica, avvelenata..e mille altri aggettivi che non conosco. ma di quelli che ti portano a stare buona buona in camera tua per non pensare e chiuderti nel lavoro.
le cose sono tanto cambiate. e solitamente cambiano in peggio. forse è il momento di averne davvero coscienza.
Vaffanculo a quello che sento oggi.

mercoledì, gennaio 23, 2008

nessuno può realmente capire..

È come un sentire leggero. Una silenziosa certezza che alberga dentro. Una cosa che mi fa sorridere, con una dolcezza commossa. Di quelle che ti tolgono l’aria e ti fanno pensare “sarà così”.. Di quelle consapevolezze silenti che ti fanno vedere il futuro. Come un’epifania. Come un sogno che si realizza. All’interno di una lacrima che cade pesante perché ha dentro il peso di tutte le parole non dette, di tutte le paure nascoste, di tutte le gioie non vissute, di tutte le emozioni condivise nella distanza, di tutta questa consapevolezza inspiegabile. All’interno di un respiro profondo, perché inspira tutti i fiati mozzati, gli affanni irregolari, i sospiri taciuti. Mi fanno ridere le discussioni ancora e sempre aperte, mi fanno ridere anche tutte le pretese, tutte le differenze di opinioni.. Mi fa sorridere che si pensi che la vita vissuta di ciascuno sia vita che separa. Per me è vita che unisce. Perché ha già unito. L’individualità e la libertà sono il modo per preservare il sé dall’annullamento. È come se sapessi che da un momento in poi, quando sarà il momento, quello giusto, magari lontano non importa più, come fosse l’ultimo, quando si sarà liberi...lo si saprà, e sarà tutto così spontaneamente vita divisa.

Qualcuno una volta mi diceva “io già lo sapevo..”
f.

lunedì, gennaio 14, 2008

non toccatemi le ali...



Non toccatemi le ali.
Non tarpatele, vi prego.
Non strappate via le piume
Non annebbiatele di catrame.
Non toccatemi le ali,
Non strappatele, vi prego.
Non sfilacciate i tendini
Non recideteli a morsi.
Non toccate queste ali,
che già a fatica spingono l’aria
e mi tengono a galla
in un cielo cupo e vigliacco
in un aere di sopravvivenza.
Lasciatemi le ali,
per chiudere gli occhi e toccare l’inferno
e risalire verso nuovi arcobaleni.
Lasciatemi queste mie ali,
stanche, ruvide, affaticate.
Lasciatemele intatte
perché sono io, e senza ali
non v'è respiro, non v'è suono..
Sono un mondo senza musica.

venerdì, gennaio 11, 2008


Mi stupisco ogni volta che penso a come mio cuore vivi la tua realtà. Mi stupisco ogni volta che mi ritrovo a giocare a guardia e ladri dentro di me e pulsa batte corre si ferma. Ricorda e annienta. Annienta ricorda nonostante tutto nonostante il tempo. Ci sono persone che albergano dentro di me come un condominio e litigano. E urlano straziano sorridono. emozioni che vaneggiano. Parole che riecheggiano. Timori che riemergono. I miei i tuoi i suoi. Situazioni che si ripetono. Situazioni che si ribaltano. Alle volte ho la consapevolezza che non ci sarà mai una tregua. Alle volte vorrei che tutto fosse semplice. Ma sono certa che nulla di quello che mi riguarda è semplice. C'era un'anima che speravo fosse intatta. Nonostante tutto. Ma poi si scontra con la mia, ed intatto non resta nulla. Poche parole che lanciano coltelli poche parole che disilludono quella flebile forza che cercava di sperare che tra dieci anni ce l'avrei fatta. Tra gli scherzi e le risate l'amara realtà è un'altra. Fa paura mettersi davvero in gioco. Fa paura fare anche le cose semplici. E non è mio questa volta il coraggio non è solo mio. Io non sopporto l'ansia che sale io non sopporto gli scontri e io non sopporto le lacrime soprattutto queste lacrime ogni volta spontanee troppo spontanee per far finta che non esistano. lacrime di emozione lacrime di dolore . Ma camminare sui vetri rotti è difficile e fa male quando si è troppo stanchi. Noi siamo stanchi. E vedere che non sono io che vacillo è come trovarsi di fronte un dirupo. Io lo so che in fondo non è cambiato niente ma so che quando si dice sono diverso è un'altra barriera posta all'emozione. Io lo so che domani non sarà così e che dopo domani sarà ancora diverso. ma dentro è tutto così uguale. Si è solo incapaci di capirlo davvero. Credevo che qualcuno avesse mantenuto la promessa, qualcuno più forte di me .. Ma non l’ha mantenuta.. Questo ci rende uguali. Ma questa è un'arma a doppio taglio perché potremmo impugnarla dal lato sbagliato. Attendere è ciò che in fondo facciamo da secoli. Ed in questa attesa passerà altro tempo, passeranno altre mani, altri timori e forse ci si perderà o forse no chi può dirlo. Ma non voglio più l'ansia che sale né versare lacrime senza motivo apparente che mi fanno solo salire la rabbia. quando leggo qualcosa, quando ascolto qualcosa. Che ne sai tu di quello che io ho dentro. Che ne sai del posto che occupi. Che ne sai delle cose non dette. Che ne sai del balconcino fiorito. E io che ne so di come mi sveglierò domani. E di quanto ti odierò e di quanto ti amerò e di quanto ti caccerò e di quanto di cercherò. Se ci saremo ancora. Di nuovo o mai più. "è già tardi e fuori è buio". Devo solo accettare l'idea che nonostante il tempo e lo spazio e la testa e la mente e i suoi giochi perversi tu sei e sarai ancora qui, a modo tuo, a modo mio, finché non smetteremo la rea danza del cercarsi e finché non accetteremo davvero il fatto che o il filo si spezza o si riannoda la matassa.

giovedì, gennaio 10, 2008

Hamlet Act3, Scene1 Soliloquy

To be, or not to be: that is the question:
Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles,
And by opposing end them? To die: to sleep;
No more; and by a sleep to say we end
The heart-ache and the thousand natural shocks
That flesh is heir to, 'tis a consummation
Devoutly to be wish'd. To die, to sleep;
To sleep: perchance to dream: ay, there's the rub;
For in that sleep of death what dreams may come
When we have shuffled off this mortal coil,
Must give us pause: there's the respect
That makes calamity of so long life;
For who would bear the whips and scorns of time,
The oppressor's wrong, the proud man's contumely,
The pangs of despised love, the law's delay,
The insolence of office and the spurns
That patient merit of the unworthy takes,
When he himself might his quietus make
With a bare bodkin? who would fardels bear,
To grunt and sweat under a weary life,
But that the dread of something after death,
The undiscover'd country from whose bourn
No traveller returns, puzzles the will
And makes us rather bear those ills we have
Than fly to others that we know not of?
Thus conscience does make cowards of us all;
And thus the native hue of resolution
Is sicklied o'er with the pale cast of thought,
And enterprises of great pith and moment
With this regard their currents turn awry,
And lose the name of action. - Soft you now!
The fair Ophelia! Nymph, in thy orisons
Be all my sins remember'd.